venerdì 6 settembre 2013

Note intertestuali riportate tra asterischi

Di seguito alcune domande disperate che David Foster Wallace ha cercato di far passare in un suo scritto (1) camuffandole con il trucco formale delle citazioni intertestuali, relegando tali questioni veramente pressanti tra asterischi come parte di qualche artificio polivalente di defamiliarizzazione o qualche cagata del genere (sic).

**Sono io una brava persona? Nel profondo, voglio poi davvero essere una brava persona, o voglio solo sembrare una brava persona in modo che la gente (incluso me stesso) mi approvi? C’è differenza tra le due cose? Come faccio a sapere davvero se mi sto prendendo per il culo da solo, moralmente parlando?**
**Cosa significa esattamente “fede”? Come in “fede religiosa”, “fede in Dio” eccetera. Non è folle credere in qualcosa di cui non si ha la prova? C’è davvero differenza fra ciò che chiamiamo fede e il sacrificare vergini ai vulcani nelle tribù primitive che credono di attirare così il bel tempo? Come si fa ad avere fede finché non ci vengono dati sufficienti motivi per averne? O forse avere bisogno di avere fede è già di per sé motivo sufficiente per averla? Ma allora di quale tipo di bisogno stiamo parlando?**
**Il vero senso della mia vita è semplicemente provare meno dolore possibile e più piacere possibile? Di certo il mio comportamento sembra indicare che è questo che credo, almeno per gran parte del tempo. Ma non è un modo un po’ egoistico di vivere? Lasciate perdere l’egoistico – non è paurosamente solitario?**
**Ma se decido di decidere che la mia vita ha un senso diverso, meno egoista, meno solitario, il motivo per questa decisione non sarà il mio desiderio di essere meno solo, e cioè di soffrire meno nel complesso? Può la decisione di essere meno egoista essere mai altro che una decisione egoista?**
**E’ possibile davvero amare altre persone? Se mi sento solo e sofferente, chiunque al di fuori di me è un potenziale conforto: ne ho bisogno. Ma è possibile amare davvero ciò di cui si ha tanto bisogno? Grossa parte dell’amore non è forse tenere di più ai bisogni dell’altro? Come ci si aspetta che io subordini il mio bisogno soverchiante ai bisogni di un altro che non posso neanche sentire direttamente? Eppure se non riesco a farlo sono condannato alla solitudine, cosa che decisamente non voglio… rieccomi quindi a tentare di superare il mio egoismo per motivi di interesse personale. Esiste una via d’uscita da questa trappola?**

Ora, potete anche provate a convincermi che per voi queste questioni non sono primarie, non rivestono carattere di urgenza oppure che le avete già risolte in passato in maniera soddisfacente. Ma sappiate che ho il diritto di non credervi.

(1) “Il Dostoevskij di Joseph Frank” [1996 (occhio alla data)], saggio fondamentale per capire alcune urgenze morali di Wallace.



7 commenti:

  1. Anonimo11/9/13

    Ah, ma qui si va sul pesante,! Due domandine per farmi passare la notte insonne

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    1. Risolverai tutto in una notte? Ottimista...

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  2. Anonimo11/9/13

    Le questioni sono primarie, rivestono carattere di urgenza e non le ho già risolte in maniera soddisfacente. Hai il diritto di non credermi.

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  3. Il commento qui sopra è stato postato da Sekundar grazie alla sua tenacia e nonostante i tentativi di boicottaggio di Blogger. Che facciamo, Mr Antonio Google? Proviamo a fare un po' di manutenzione o ci affidiamo solo all'altisonanza del nome?

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  4. Anonimo11/9/13

    Non tenace: tignoso.

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  5. mi pare chiaro che hai sconfitto il golem.

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